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aprile 2017

CLASSI QUARTE IN VIAGGIO A CINISI (PA) PER CAPIRE DAVVERO CHE COS'E' OGGI LA MAFIA


Dal 27 marzo al 1 aprile noi alunni delle classi 4^A, B e I ci siamo cimentati in un progetto che si è svolto presso “Fiori di campo”, una struttura sequestrata al mafioso Vincenzo Piazza a Marina di Cinisi. Il progetto verte intorno ad alcuni grandi esponenti della mafia e soprattutto ai morti innocenti di mafia.

Uno dei più importanti è Peppino Impastato, morto il 9 maggio 1978, ucciso dal boss della mafia di Cinisi in quegli anni, Badalamenti. Sulla sua storia ci siamo soffermati molto: nato in una famiglia mafiosa, Peppino decide di non seguire le orme del padre, che cerca in tutti i modi di fargli cambiare idea per non perdere il figlio. Peppino, però, verrà cacciato dal padre stesso, dopo aver iniziato un’attività antimafiosa.

Quest’attività si sviluppò prima con il giornale “L’idea socialista”, poi con la stazione “Radio AUT”, usata da Peppino e da alcuni suoi amici per parlare della mafia che avevano “in casa”. La radio andò avanti ancora per qualche mese dopo la morte di Peppino, poi venne chiusa.

Ad oggi si può trovare online un’altra stazione radio la cui sede si trova nella casa di Badalamenti a Cinisi. La stazione si chiama “Radio cento passi” e prende il nome dalla distanza che separa la casa di Peppino da quella del suo assassino. Questo tratto darà poi il nome al film che tratta la storia di Peppino e al suo interno si può trovare una scena dove quest’ultimo con il fratello Giovanni percorrono la distanza tra le sue case contando i passi. In realtà Giovanni, nel suo intervento a “Fiori di campo” ci ha detto che questa scena famosissima è uno dei pochi falsi storici all’interno del film.
Nell’ultima parte del film si vede l’uccisione di Peppino e la messa in scena per far credere che si tratti di un suicidio. Peppino, in realtà, fu fatto esplodere sui binari vicino a un casolare dov’era stato precedentemente picchiato. Oggi il casolare è una proprietà privata dov’è stata appesa una targa commemorativa con su scritto la data e l’ora della morte di Peppino.

Abbiamo anche visitato, legata a questa vicenda, la “Casa Memoria”, fatta aprire dalla mamma di Peppino, Felicia, che voleva mostrare la verità e la violenza della mafia senza aver paura delle conseguenze.

Un’altra testimonianza che abbiamo ascoltato è stata da parte di Giovanni Paparcuri, sopravvissuto all’attentato di mafia a Rocco Chinnici, morto insieme alla sua scorta e al portiere del palazzo in cui abitava. A proposito della dinamica dell’attentato abbiamo ascoltato una seconda testimonianza, del tutto inaspettata, da parte del nuovo portiere del palazzo durante il “Percorso della Memoria”, compiuto a Palermo. Per uccidere il magistrato Chinnici, infatti, la mafia ha fatto esplodere la sua macchina e Paparcuri, ai tempi autista di Chinnici, si è salvato perché qualche attimo prima dell’esplosione il magistrato gli aveva detto di andare dall’auto blindata a circa 20 metri. Paparcuri, dopo vario tempo in cura, venne declassato di due livelli e venne impiegato nell’informatizzazione del maxi processo contro la mafia con Falcone e Borsellino.

Durante la visita a Palermo noi abbiamo anche visitato i loro uffici che si trovavano all’interno di una sezione speciale del tribunale di Palermo, il Bunkerino. All’esterno del tribunale, invece, sono scritti i nomi dei giudici uccisi dalla mafia e ci sono delle colonne con delle scanalature all’interno che rappresentano le famiglie delle vittime. Tra queste si trovano Falcone con la moglie e Borsellino.
A Palermo, al mattino, abbiamo visitato l’Ucciardone, una prigione vicino all’area portuale della città. Costruita dai Borboni presenta una struttura particolare, formata da un centro da cui si diramano otto bracci che formano le sezioni del carcere. Il nome “Ucciardone” deriva dal termine francese “chardon” che significa a sua volta “cardo”: una volta questa pianta veniva coltivata sul terreno in cui sarebbe sorto la prigione.

Durante il pomeriggio, invece, abbiamo seguito il “Percorso della Memoria” dove abbiamo parlato di altri innocenti uccisi dalla mafia, tra cui Boris Giuliano, ucciso dalla mafia in un bar vicino a casa mentre faceva colazione e Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale Presidente della Repubblica, ammazzato davanti a casa in macchina da un colpo di pistola, che, inceppatasi, non ha potuto uccidere anche sua moglie. Inoltre abbiamo anche preso visione dell’albero davanti all’abitazione di Falcone, dove si possono trovare biglietti e frasi che arrivano da tutta Italia e non solo.

Più recente, invece, la testimonianza di Santi Palazzolo, un pasticcere di Cinisi con un punto vendita all’interno dell’aeroporto Falcone e Borsellino, dove siamo atterrati noi. Per continuare l’attività all’interno dell’aeroporto, la società di gestione ha chiesto a Santi il pizzo. Santi, però, ha deciso di non sottomettersi alla mafia, ma di denunciare questi fatti e, con l’aiuto delle autorità, è riuscito a far valere la giustizia. Ad oggi, il suo punto vendita nell’aeroporto è ancora aperto.

Oltre a ciò, parlando dei beni confiscati e dell’associazione che ci ha permesso di intraprendere questo viaggio, Libera, abbiamo visitato la sua azienda agricola, che produce soprattutto limoni, ma non solo, con la particolarità di avere solamente prodotti biologici.
La settimana si è conclusa il venerdì sera andando a mangiare alla pizzeria Impastato, gestita da Giovanni con la moglie.

Questa esperienza è stata molto significativa per noi, più di quanto ci aspettassimo. Con questo progetto abbiamo avuto la possibilità di percepire in prima persona cosa significhi davvero il termine “mafia”. Quando si sente parlare di associazioni ed organizzazioni mafiose si tende a pensare che queste siano lontane da noi, che non ci riguardino direttamente. Ed invece ci sbagliamo. Come ci hanno spiegato i testimoni che abbiamo incontrato, la mafia non è più solo al sud. Ormai da tempo questa organizzazione mafiosa è dilagata in tutta Italia e nel resto del mondo. Anche la figura del mafioso è cambiata nel tempo. Ormai i mafiosi si confondono tra la folla, tra i “colletti bianchi”, tra i potenti, tra tutti coloro la cui posizione si trova al vertice.

Questo progetto ci ha lasciato una lezione di vita molto importante: la giustizia. Bisogna trovare il coraggio di parlare di fronte alle ingiustizie che incontriamo. Non dobbiamo avere paura e vivere nel silenzio e nell'ozio. Come ha detto il pasticcere Palazzolo: “quando ho ricevuto la richiesta di pizzo mi sono trovato di fronte ad una sola possibilità: quella di denunciare. Se si conduce una vita basata sull'onestà e sull'umiltà, davanti a una provocazione simile non si può pensare a non denunciare, non si sarebbe coerenti con i propri principi”.
Le sue parole ci hanno fatto pensare molto. Dobbiamo cambiare: bisogna prendere esempio da persone come lui e Peppino Impastato, il quale, pur di rischiare la propria vita, non è stato zitto. Peppino ha urlato in radio che “la mafia è una montagna di merda”. Peppino è andato contro la sua famiglia, contro suo padre pur di rivendicare la giustizia. E' stato fatto saltare in aria perché non si è tenuto tutto dentro: prendiamo esempio.




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